L’effetto deve essere un silenzio tale da spaventarsi sentendo bussare alla porta…
Arnold Böcklin
Arnold Böcklin nacque il 16 ottobre 1827 a Basilea, figlio di Christian Friedrich Böcklin, noto mercante della seta nativo di Sciaffusa, e di Ursula Lipp, celebre discendente di una famiglia che annoverava tra i propri avi Johann Jacob Lippe e Hans Holbein il Giovane. Silenzio, vuoto, sospensione, angoscia, soggezione, immobilità, paura dell’ignoto, mistero. Vita e morte. Eternità… L’isola dei morti (Die Toteninsel) è sicuramente il quadro più famoso del pittore svizzero, che visse a Firenze tra il 1874 ed il 1879, appassionato della cultura classica e degli scenari italiani (ed ancor più di quelli fiorentini) fino al punto di dipingerne la natura su molte delle opere da lui eseguite proprio in quell’epoca, nel tardo ottocento. Fu realizzato in molteplici versioni tra il 1880 e il 1886, molte delle quali conservate in vari musei europei e americani.
Pittore simbolista tardo-romantico, Arnold Böcklin è stato uno dei maggiori esponenti del decadentismo mitteleuropeo, ma il motivo della creazione di questa opera tetra e misteriosa va ricercata probabilmente nel fatto che l’artista perse la figlia in età precoce (ne perse sei su dodici figli avuti, in totale) e fu sepolta nel Cimitero Svizzero di Firenze, una ombrosa isola di cipressi oggi in piena area urbana ma che all’epoca risultava ai margini della città. Forse per questo il quadro ne è la trasposizione figurata, seppur non potesse neanche lontanamente immaginare a quale successo la sua opera sarebbe stata destinata nella posterità. Ne dipinse ufficialmente cinque ma si pensa fossero molte di più, una delle quali appartenute nientemeno che ad Adolf Hitler (l’opera fa una fugace apparizione sullo sfondo di una gelida foto del dittatore) ed attualmente custodita al museo di stato di Berlino.
Opera cult, letteralmente idolatrata da generazioni di artisti, da De Chirico a Dali, Un luogo tranquillo: era questo il titolo originale della prima versione dell’opera, eseguita da Böcklin dopo una gestazione molto meditata su commissione di Alexander Gunther , fu riscoperta e perfino reinterpretata fino a tempi più recenti. Negli anni settanta perfino da un suo conterraneo: il famoso Hans Ruedi Giger uno dei primi concept artist, celebre – più che altro presso i miei contemporanei – per avere creato il mostro di Alien di Ridley Scott e forse molto di più, se si pensa quanta fantascienza debba eterna riconoscenza verso quest’autore che con il suo Necronomicon (una versione “bio-meccanica” dell’isola fu da lui creata per questa opera) ha influenzato schiere di artisti della post produzione cinematografica, leggi “effetti speciali” e della Game-art; le due industrie più propulsive nel campo delle arti visive dell’era attuale.
E di li a poco una quantità senza fine di citazioni in ogni ambito della cultura visiva popolare, fictions, fumetti, graphic novel, set design, etc. si direbbe che Arnold Böcklin fosse un “predestinato” alla creazione di quello che sarebbe diventato un vero e proprio cult della storia dell’arte. Chissà cosa dirà da lassù, il grande Arnold, vedendo come la sua mitica oasi di silenzio e mistero sia finita in mezzo ad uno svincolo del traffico caotico di una Firenze avvolta, più che dalle nebbie del Wahlalla, dalle nocive emissioni di CO2.